California on the road: per smentire incertezze e pregiudizi
Chilometri di noi
TRE DONNE, UN VAN E UN ROAD TRIP IN AMERICA
Se fosse un capitolo di Aldo, Giovanni e Giacomo al femminile inizierebbe proprio così ma no, niente copione. A dire il vero questa storia non è neanche iniziata in questo modo. Doveva essere una vacanza tranquilla e rilassante, quelle ferie che sogni per tutto l’anno: spiagge tropicali, cocktail esotici e nient’altro che il rumore delle onde. Ma poi è arrivata l’illuminazione: niente resort, niente pigrizia.
Ci voleva un’avventura.
Compagne di classe ieri, amiche di lunga data oggi, ci lanciamo in questa avventura un po’ così… per caso, seguendo più l’istinto che un vero e proprio piano. Ognuna con la sua storia, partita da un angolo diverso del mondo, ci
ritroviamo dall’altra parte, senza neanche fare grandi annunci o alludere a inutili aspettative, pronte per un’esperienza che nessuna aveva davvero immaginato.
Partiamo da San Francisco. Anzi no, partiamo dai pregiudizi. Certo, cosa vuoi anche partire senza i classici:
“Solo ragazze? Ma siete sicure?”
“Così lontano? Non è un po’ pericoloso?”
“E il fidanzato? Lo lasci da solo?”

All’inizio del viaggio, devo ammetterlo, un po’ di nervosismo c’era. Non tanto per la lontana destinazione o per l’idea di spostarsi in un paese così grande, ma per tutti quei commenti che si sono presentati riguardo al fatto che noi, donne, viaggiassimo sole. Una sfilza di domande spassionate e non richieste, sempre accompagnate da quello sguardo misto tra preoccupazione e scetticismo. Come se la nostra indipendenza fosse qualcosa da mettere in discussione, come se senza una figura maschile al nostro fianco fossimo automaticamente più vulnerabili. E poi, diciamolo, quando lasci a casa qualcuno, quel sottile senso di colpa arriva puntuale, come se concederti del tempo solo per te fosse da egoista. Ad un certo punto, però quei pensieri hanno smesso di tormentarmi: perché si, ero stanca, spettinata, struccata, senza genitori o figure maschili di supporto, ma con quella scintilla negli occhi che solo la libertà ti può dare. E poi oh, ero troppo felice per farmi influenzare!

Da una uggiosa giornata in quel di San Francisco, ritiriamo il nostro mezzo e via a scendere per il caldo tepore della bassa California. Partiamo, partiamo davvero. Eravamo pronte a convivere 12 giorni in un van? Assolutamente no. Abbiamo improvvisato il 90% delle volte? Assolutamente sì. La prima sensazione che ho avuto, si può descrivere con un misto tra libertà e panico. Non c’era un programma preciso o una scaletta ordinata da seguire… non riuscivano nemmeno a mettersi d’accordo su cosa comprare al supermercato, figuriamoci. Ma è proprio questo il bello, no? Essere padrone del tuo tempo, decidere quando e dove andare, se fermarti per una foto o un caffè; non avere nessun obbligo, nessun orario da rispettare, ma solo la strada che si srotola davanti a te. Certo, qualche indecisione e qualche discussione sulle rotte non sono mancate, ma alla fine ogni piccola incertezza è diventata parte del divertimento. Abbiamo attraversato California, Utah, Nevada e Arizona, toccando la frenesia di Hollywood e lo scintillio di Las Vegas per poi perderci negli sconfinati scenari dei parchi naturali.

Guidare negli Stati Uniti è qualcosa che non si può descrivere a parole, ma ci provo lo stesso. Immaginate una strada dritta che sembra non finire mai, baciata da un sole infuocato che tramonta dietro colline dorate, e circondata da paesaggi così surreali che sembra di essere su una cartolina. Ecco, adesso fermatevi! Non correte troppo con l’immaginazione, perché non è stato sempre tutto così. Voglio
dire, fare un road trip tra i canyon americani, insieme alle amiche, all’insegna dell’avventura e della libertà, è meraviglioso sì, ma dopo ore di convivenza in un van, solo tra donne e decisioni da prendere… vi lascio immaginare! Tuttavia, quando tutto si calmava e la notte scendeva su di noi, quel mini camper diventava una piccola casa sotto le stelle. E lì, nel silenzio, si parlava, si parlava di tutto: del passato, del presente, dei sogni che ognuna di noi teneva nascosti nel cassetto. C’era qualcosa di magico in quelle chiacchierate. Era come se, lontane da tutto, avessimo finalmente il coraggio di essere completamente noi stesse. Forse era la stanchezza, forse il cielo infinito sopra di noi, o forse semplicemente il fatto che, in quel momento, non dovevamo dimostrare nulla a nessuno. Solo vivere, ridere e goderci la libertà di cui fortunatamente beneficiamo. E la parte migliore? Sapere che, una volta tornate a casa, quella sensazione di forza e indipendenza non ci avrebbe abbandonato.

Una cosa che non dimenticherò con facilità? Sorprendentemente, non sono stati gli sguardi o le occhiate tanto degli uomini, che magari vedendo tre ragazze da sole avrebbero potuto pensare chissà cosa; ma gli sguardi, i commenti e i sorrisi delle donne che abbiamo incontrato lungo il viaggio. Ci osservavano vivere la nostra vita da libere viaggiatrici con una sorta di ammirazione, quasi come se fossimo un piccolo spettacolo itinerante. Mi piace pensare che, vedendoci così fiere e orgogliose della nostra libertà, stessero riflettendo su quanto fosse speciale ciò che stavamo vivendo. Forse, ai loro tempi, un’avventura del genere non era nemmeno concepibile e questo ci rendeva ai loro occhi ancora più fortunate.
Alla fine, questo viaggio non è stato solo un road trip in California. È stato un’esperienza che ci ha fatto crescere, ridere, discutere e riflettere. Essere dall’altra parte del mondo, solo noi tre, senza nessuno a cui appoggiarci, ci ha fatto sentire incredibilmente forti. Non c’era nessuno a salvarci e forse era proprio questo il punto: non avevamo bisogno di essere salvate. Avevamo noi stesse, e questo bastava.

C’è un pensiero che mi ha colpita in modo particolare durante questo viaggio: la consapevolezza che noi donne non abbiamo sempre bisogno di qualcuno al nostro fianco per sentirci al sicuro, supportate o guidate. Nonostante tutto eravamo lì, in un luogo sconosciuto, lontane da casa, eppure così in pace, così sicure di noi stesse. Non era la mancanza di pericoli a farci sentire al sicuro, ma era il fatto che stavamo dimostrando a noi stesse che potevamo affrontarli. Ci siamo sentite indipendenti, sì, ma anche connesse l’una all’altra in un modo speciale. Non si trattava solo di viaggiare sole, ma di vivere un’avventura che era solo nostra, fatta di decisioni prese insieme, di momenti condivisi e di piccoli traguardi che, a volte, sembravano giganti.
E poi, c’è stata un’altra consapevolezza, forse questa più personale. Viaggiare senza il proprio partner non significa escluderlo dalla tua vita. Significa semplicemente ritagliarti uno spazio per riscoprire chi sei, per capire che la tua identità non è definita dal tuo ruolo in una coppia, ma da ciò che sei come persona. Spesso ci si dimentica che siamo molto di più di un titolo – fidanzata, moglie, madre, ecc. Siamo donne capaci di sognare, rischiare, affrontare il mondo con un consapevolezza incrollabile, anche quando le cose non vanno come previsto.
Penso che questo viaggio ci abbia insegnato una lezione preziosa: che non dobbiamo avere paura di prenderci il nostro spazio. Non dobbiamo aspettare il permesso di nessuno per vivere nuove avventure, per metterci in gioco e vedere di cosa siamo capaci. Essere indipendenti non significa non amare o non voler condividere la propria vita con qualcun altro. Significa semplicemente amare abbastanza noi stesse da ricordarci che possiamo (anche) contare sulle nostre forze, sempre.

Articolo e foto di Giorgia Forte