Rota Vicentina: 220 km per ritrovarsi
Chilometri di noi
VIVEVO LE MIE GIORNATE COME UN’ESTRANEA A ME STESSA
Ero appena uscita dall’ufficio e salita sul tram verso casa, le gambe mi tremavano. Alla fermata del Teatro Nazionale sono scesa, sopraffatta dal bisogno di camminare.
La mia vita aveva subito un importante trauma, l’ansia aveva ingrigito le mie giornate e nessuna soluzione riusciva a cambiare l’andamento delle cose. Non provavo soddisfazione a fare nulla, non ascoltavo più musica, non leggevo più libri, non vedevo più gli amici; avevo cambiato genere musicale, avevo cambiato romanzi, avevo conosciuto nuova gente, ma la sensazione di vuoto non accennava a svanire.
Vivevo le mie giornate come un’estranea a me stessa, osservandomi da fuori, come in un videogioco in cui programmavo le mosse del mio personaggio: il pasto da cucinare per pranzo e il maglione da indossare per la giornata. Mi sentivo annientata da un’entità che viveva dentro di me, ma da cui ero completamente alienata.

Quando la mia mente e il mio cuore erano immersi nell’incomprensione e nel caos, uno dei miei migliori amici mi portò fuori per una passeggiata. “L’aria fresca dell’inverno ti aiuterà,” mi disse. Camminando in silenzio riflettevo su quanto l’ansia avesse soffocato la mia quotidianità, al punto che persino una semplice passeggiata sembrava un’impresa insormontabile. Negli ultimi sei mesi mi ero dedicata alle più disparate soluzioni: dallo yoga alle sperimentazioni culinarie, dalla terapia al rifugio nel silenzio. Eppure, in quell’istante preciso, ho compreso che dovevo ricominciare dalla prima cosa che un bambino impara a fare: dovevo camminare.

Tre mesi dopo, mi trovavo in viaggio a percorrere 220 chilometri lungo le coste oceaniche e maestose del Portogallo.
La pianificazione del Cammino dei Pescatori non è stata affatto facile: le domande continue come “Sei sicura di voler partire da sola?”, “Sei allenata?”, “Non basterebbe una passeggiata in campagna?” sono state difficili da gestire. Ma la mia tenacia non è venuta meno, e sapevo che un’attività semplice come camminare mi avrebbe dato la soddisfazione che cercavo, mettendo a tacere le insicurezze che mi accompagnavano continuamente.

Il cammino si snoda attraverso scogliere a picco sull’Atlantico, che mi hanno fatto sentire piccola di fronte alla vastità del mondo, ma anche incredibilmente libera. Ricordo vividamente la leggerezza che ho provato quando i miei piedi sfiniti hanno toccato la sabbia della Praia do Brejo Largo, non vivevo quella sensazione da molto tempo. Galleggiando nell’oceano gelido, con il corpo immobile, lo sguardo perso verso le alte scogliere, sentivo un profondo senso di gratitudine per la fiducia e l’amore che ero stata capace di darmi.
Undici giorni di cammino in cui la quotidianità assume un volto diverso. Ogni mattina ci si prepara per una lunga giornata: nella mia stanza d’ostello, in uno dei tanti piccoli villaggi portoghesi di pescatori, sistemavo i miei 6 kg di zaino che portavo in spalla, incerottavo le mille vesciche sui piedi e iniziavo a camminare. L’unico pensiero che conta è camminare, come se fosse un invito a fermarmi e a non preoccuparmi di nulla.
Il Cammino dei Pescatori lungo la Rota Vicentina è un viaggio attraverso un paesaggio in continua evoluzione: il percorso si snoda tra scogliere imponenti, calette solitarie, spiagge dorate e sentieri che attraversano boschi di pini e macchia mediterranea.
Camminare lungo la costa vuol dire respirare l’oceano, sentirne l’energia, la forza, ma anche la calma; significa percepire il profumo del cisto che si mescola a quello dell’oceano e della terra, creando una fragranza unica. Ho incontrato splendide anime lungo il cammino, a cui ho raccontato e da cui mi sono fatta raccontare. Ho trovato molta luce, grande bellezza, e un amore profondo.

Camminare non ha eliminato la mia ansia, ma insieme siamo evolute, siamo maturate. Ci siamo allontanate, per poi riunirci, come una coppia di innamorati destinata a non separarsi mai. Talvolta l’ho accarezzata e mi sono presa cura di lei, altre volte è stata lei a sostenermi. La maggior parte delle volte abbiamo litigato per i suoi modi grossolani e precipitosi di occuparsi di me, alcune volte l’ho perdonata, altre no. Alcune volte sa essere delicata e, con una leggera tachicardia, sa indicarmi che tra qualche giorno potrei dover affrontare una situazione scomoda, e io posso dovutamente stilare una lista di cose da fare per essere capace di gestirla. Altre volte si manifesta come uno tsunami e io annaspo, affogo: improvvisamente i miei pensieri diventano cupi e caotici, volano velocissimi come falene attratte da luci al neon, le gambe tremano, il collo suda, il cuore batte freneticamente e io non respiro, ma ingoio aria. In quel momento chiudo gli occhi e mi immergo di nuovo nell’Oceano Atlantico, respiro con il diaframma e accarezzo la sabbia con le mani, il vento carico di salsedine mi sfiora e io mi libero dall’inquietudine.

In quei giorni lungo la Rota Vicentina, ho imparato che il processo non è lineare, che ci saranno giorni più leggeri e altri più labirintici, ma che ogni passo ha valore. Camminando ho riscoperto la bellezza della semplicità, il conforto del movimento, il potere di un paesaggio che sa curare, senza fretta, senza forzature.

Articolo e foto di Graziana Trisolini